XXXIII Seminario e Premio di Architettura e Cultura Urbana – Camerino
Adalberto Dias Arquitecto LDA lectio magistralis
Paolo Portoghesi, un intellettuale dicotomico
Il ricordo dell’IN/Arch nella testimonianza di Massimo Locci
Figura centrale nel dibattito architettonico italiano, a partire dagli anni cinquanta, Portoghesi è stato un riferimento per molti architetti – per alcuni aspetti compreso chi scrive – che l’hanno stimato come storico e critico dell’architettura, teorico e docente, fotografo e direttore di riviste, comunicatore e animatore culturale. Portoghesi appartiene alla generazione che si è trovata a riflettere sulla contraddizione e sulla crisi di alcune modalità operative del Movimento moderno (International Style). Si è focalizzato da subito sul recupero della tradizione aulica e popolare che, sulla linea tracciata da Bruno Zevi, ha stabilito un rapporto critico ma fecondo con la storia, riscoprendo i valori identitari dei luoghi e della memoria collettiva.
Un progettista discutibile
Tra le sue molteplici attività non ho citato la progettazione architettonica, e non a caso. Per me, infatti, tranne i progetti iniziali che creano un corto circuito tra la forma libera della ricerca moderna e le linee curve del Barocco (Casa Baldi, la Chiesa di Salerno-Fratte, la casa Papanice, fino alla Moschea di Roma e al complesso residenziale Enel a Tarquinia), il suo contributo in termini di soluzioni formali e di linguaggio espressivo è stato, a dir poco, discutibile.
Direi quasi l’opposto di quanto con sapienza, sensibilità e grande capacità anticipatrice scriveva nei suoi testi e raccontava nelle sue straordinarie conferenze, affascinando il pubblico con riferimenti colti, letterari, artistici, cinematografici e di alto spessore spirituale. Proponeva valori antichi per la modernità, da intendersi come contenuti profondi del progetto e non epidermici, complessi e stratificati, soprattutto di non facile acquisizione, quindi travisabili. In tal senso si è contrapposto all’autorialità autoreferenziale, tipica delle grandi star, che è diventata una deformazione diffusa.
Viceversa, per l’architetto contemporaneo, intravedeva un ruolo di tutela e cura dell’habitat di vita degli uomini, sia nella città, che considerava “malata” per incuria e disattenzione, conferendo nuovo valore allo spazio urbano, sia nello spazio naturale. Negli ultimi decenni Portoghesi ha riproposto l’architettura a misura d’uomo e organica di Frank Lloyd Wright, sostenendo, in particolare, la necessità di un nuovo patto tra architettura e natura, per contenere il consumo di risorse energetiche e non esaurire la “bellezza e l’armonia del creato”. Tema su cui stava lavorando in questo ultimo periodo.
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