foto di Davide Derossi
Moderatore: Elena DEllapiana, PoliTo
Relatori: Sergio Pace, PoliTo e Paolo Scrivanp, PoliMi
Edificio per residenze, uffici e negozi
Il nuovo imponente edificio residenziale fu realizzato su commissione della Reale Mutua Assicurazioni tra il 1959 e il 1961 su progetto dello Studio BBPR, sull’area che ospitava la scomparsa stazione della tranvia Torino-Rivoli ed altri edifici ottocenteschi, distrutti nei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Come la Bottega d’Erasmo, di Gabetti & Isola, di poco precedente (1953–1956), il nuovo edificio dello studio milanese, già autore della celebre torre Velasca di Milano, fu accolto con grande sospetto dalla critica di quegli anni, per via dell’uso del mattone a vista e dell’imponente struttura in cemento armato che la caratterizza. Elementi considerati all’epoca poco adatti per l’edilizia residenziale borghese, in un periodo di grande diffusione dei canoni architettonici del movimento moderno, che prediligevano volumi semplici, grandi superfici bianche e intonacate.
Committenza: Reale Mutua Assicurazioni
Progettista: Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers
Cronologia: 1959 – 1961
Indirizzo: Torino, Corso Francia 2
Per maggiori informazioni: RITRATTI_04: BBPR – EDIFICIO RESIDENZIALE IN PIAZZA STATUTO – TORINO
Iscriviti su Eventbrite per partecipare all’evento
Incontro pubblico in presenza. Ingresso gratuito per il pubblico e i soci IN/Arch. Gli architetti che non sono iscritti ad IN/Arch e che desiderano i crediti dovranno pagare € 5 per i diritti di segreteria.
L’incontro da diritto a 2 Crediti Formativi professionali per gli architetti di tutta Italia. Approvazione del CNAPPC 919/2021.
RITRATTI
Architetti e architetture del secondo Novecento a Torino e in Piemonte
Con questo ciclo di incontri IN/Arch Piemonte si propone di contribuire alla conoscenza di opere di architettura del secondo novecento, opere meno note, spesso ai margini della storiografia ufficiale, ma che nascondono contributi preziosi per ricostruire la storia dei luoghi insieme alle intenzioni, ai linguaggi e alle tecniche dell’architettura; opere spesso sospese nell’oblio o quantomeno sradicate dal contesto storico a cui andrebbero ricondotte. Si tratta di edifici che spesso rischiano di essere snaturati, demoliti, sacrificati sull’altare del mercato immobiliare o dell’aggiornamento funzionale e tecnologico. Eppure nei decenni che vanno dalla ricostruzione al “boom economico”, una generazione di architetti formatasi durante il regime o a cavallo della guerra, si esprime con opere molto significative, talvolta riconducibili ad un dibattito internazionale. Sono gli anni della maturità dei grandi maestri del Movimento Moderno, ma anche dei primi segnali della crisi dei dogmi della modernità.
A Torino e in Piemonte alcuni architetti si esprimono interesse per le tradizioni spesso negate, con una nuova attenzione ai contesti locali, dove la modernità dialoga con le matrici insediative, dove si intrecciano logiche economiche, tecniche, politiche e nuove idee dell’abitare. Altri si impegnano sui temi dell’edilizia sociale, dei servizi e dei luoghi del lavoro, le cui carenze assumono rilievo drammatico nel corso dei rapidi processi di inurbamento e industrializzazione. Altri ancora, rivelano un’attenzione al design che porterà l’Italia ad essere nota nel mondo per la qualità della sua ricerca nel campo del prodotto industriale.
Le opere di questo periodo, pur nella loro precaria frammentarietà all’interno di un paesaggio urbano oggi radicalmente trasformato, sono testimonianza della energie e delle idee che hanno animato l’architettura del secondo dopoguerra, più impegnata sul piano della responsabilità tecnica, intellettuale e sociale del mestiere, del rapporto con l’impresa e con la committenza, che al consolidamento di una dottrina accademica. Architetture talvolta sviluppate dentro un processo di aggiornamento della formazione professionale e di sviluppo tecnologico della produzione edilizia, ma anche di forti spinte speculative che coinvolgono le città e i territori, con diffusi esiti di degrado del paesaggio e dello spazio pubblico. Per queste ragioni, quella stagione è stata, nel suo scenario complessivo, spesso giudicata sfavorevolmente. Anche gli strumenti della tutela, con il passaggio da 50 a 70 anni della soglia per il vincolo dei beni di proprietà pubblica, sembra aver confermato questa damnatio memoriae.
Programma del ciclo d’incontri Ritratti. Architetti e architetture del secondo Novecento a Torino e in Piemonte